Ai margini del negoziato centrale in corso alla Fed di New York per salvare Lehman Brothers e il mercato da un nuovo uragano finanziario si è aperto un negoziato collaterale che riguarda direttamente l'Italia. Secondo fonti interpellate da il Sole 24 Ore, il negoziato riguarda il destino degli accordi di "Swap" contratti da Lehman per conto dei proprio clienti, tra cui il nostro Tesoro. L'ipotesi emersa nelle ultime ore è quella di fare un censimento dei tutti gli accordi swap contratti da Lehman, inclusi i Credit Deafult Swaps (Cds) strumenti trattati su un mercato che vale migliaia di miliardi di dollari.
E' normale che le banche, e dunque la stessa Lehman, non tengano tutti gli accordi sui proprio libri, ma li girino su terze parti per minimizzare il rischio e incassare delle commissioni. Il problema è che al centro degli accordi, anche come garante, resta l'intermediario sui cui libri sono scritti gli accordi. Lehman è fra i primi dieci operatori mondiali di questo mercato che ha un problema centrale: non ha una clearing house in grado di agire come centro di svincolo di tutti i contratti. L'obiettivo a questo punto è quello di identificare, attraverso una ricerca dettagliata di tutti gli accordi, le parti contrattuali intermediate da Lehman in modo che si possano mettere in contatto diretto e rispettare ciascuna la propria parte dell'impegno contrattuale. Sappiamo che ieri molti funzionari di banche che hanno contratti di swaps aperti con Lehman sono stati invitati alla Fed di New York per elencare i loro contratti, con l'obiettivo di trovare le controparti dirette intermediate da Lehman. Non abbiamo avuto conferma se agli incontri ci fossero anche funzionari del Tesoro o della Banca d'Italia.
Da Nizza tuttavia, il Tesoro ha ufficializzato una certa preoccupazione per l'esito dei negoziati a New York. Il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli ha anticipato che il nostro Paese segue molto da vicino gli sviluppi della crisi Lehman per ciò che riguarda le operazioni italiane: «La prima cosa che ci chiediamo è se la nostra controparte è solida», ha affermato Grilli nella conferenza stampa conclusiva dell'Ecofin. Purtroppo, come sappiamo, non solo Lehman non è più solida, ma le due soluzioni possibili sono quelle di un fallimento o di un salvataggio. In mancanza di un salvataggio, il rischio infatti è che con un fallimento i contratti swap emessi dall'istituto di credito evaporino lasciando i contraenti esposti su posizioni anche rilevanti. Un'accurata descrizione degli accordi e dei pericoli impliciti in un fallimento Lehman per l'Italia era stata anticipata qualche giorno fa dal nostro quotidiano.
Ieri il Tesoro ha di fatto confermato che un numero non irrilevante di emissioni obbligazionarie italiane erano state gestite da Lehman che aveva poi redatto accordi di swap per garantire, ad esempio, un certo rapporto di cambio in euro (se le obbligazioni fossero state emesse in dollari) al momento della scadenza. Per una bizzarra coincidenza, oltre al rischio di oggi su Lehman, l'Italia si trovò coinvolta dieci anni fa nel caso Ltcm. Si tratta di situazioni compeltamente diverse. L'Ufficio Italiano Cambi della Banca d'Italia infatti aveva "investito" allora circa 100 milioni di dollari nell'hedge funds, sollevando non poche perplessità quando il caso venne alla luce. Oggi si tratta di normali operazioni di intermedizione per collocamento titoli. Ma si evidenzia come anche i governi operino ormai normalmente nel mercato dei prodotti derivati, con l'obiettivo di ridurre l'esposizione al rischio. Con un corollario: neppure i garanti di ultima istanza potrebbero salvarsi dal rischio di perdite colossali.
